ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO - ETS

Marcella Croce: la Riserva delle Saline di Trapani e il Museo del Sale

Antichi coppi e mulini: ecco il sale di Sicilia
Testi di Marcella Croce (www.marcellacroce.com), Foto ©WWF Sicilia Nord Occidentale

Le vasche, di diverso colore perché diversa è la loro funzione, sono fiancheggiate dai ciuffi delle salicornie, o “asparagi di mare”, ottimo accompagnamento dei piatti di pesce. Il paesaggio è punteggiato dai mulini a vento, dal rosa dei fenicotteri, dal bianco che affiora dai “coppi”, le tegole artigianali che aderiscono al sale come un vero tetto protettivo. Sono le saline di Trapani e Paceco cui è dedicata una delle Riserve Naturali della Sicilia.

Natura in riserva: Fenicotteri rosa Phoenicopterus roseus in una delle vasche 

Gestita dal WWF, la Riserva ha un’estensione di circa 1000 ettari ed è stata istituita nel 1996 per proteggere una delle più importanti rotte migratorie degli uccelli che in questa vasta area umida trovano rifugio e cibo specialmente in primavera e in autunno, prima di riprendere il lungo volo che li porterà a destinazione.

Silvana Piacentino è categorica: la riserva, di cui è attualmente responsabile, non ha per scopo principale la fruizione pubblica, prima di tutto perché si tratta di terreni di proprietà privata e poi perché l’equilibrio fra ambiente e specie animali è delicatissimo. Il fenicottero rosa è una specie molto vulnerabile al disturbo: per mettere in fuga migliaia di coppie basta un osservatore troppo curioso o un palloncino scappato dalla mano di un bambino, come è avvenuto nella Camargue francese, altra zona umida di massimo interesse. Altri fattori di grave rischio sono la morte per saturnismo, dovuta all’ingestione dei pallini di piombo da caccia, e l’impatto contro le linee elettriche.

La Riserva, il cui centro visitatori ha sede nel Mulino Maria Stella, ospita circa 230 specie di uccelli, numerose specie vegetali endemiche e insetti rari. Le visite guidate, organizzate per gruppi di 14 persone, sono state recentemente riproposte, al momento solo per i residenti di Trapani (ndr: l’articolo è stato realizzato nel periodo di restrizioni divuti al covid-19). Quando la Sicilia tornerà in zona gialla, potranno essere aperte a tutti. In ogni caso devono essere prenotate per telefono 0923-867700 – 3275621529 o inviando una mail all’indirizzo salineditrapani@wwf.it http://www.wwfsalineditrapani.it

“Uomini e animali non possono vivere senza sale. Per questo il sale è stato per millenni una delle merci più ricercate. Fece nascere vie e rotte commerciali attraverso deserti e oceani, e una delle città più antiche, Gerico, fu fondata diecimila anni fa proprio come mercato del sale. Il sale fu usato come mezzo di pagamento (da cui il nostro “salario”); scatenò guerre e ribellioni (per esempio la disobbedienza civile di Gandhi nacque contro il monopolio britannico del commercio del sale in India). Ma era anche essenziale nei processi di mummificazione (e poi nella conservazione dei cibi), era un simbolo di fertilità e un ingrediente delle formule magiche.” da SALE – UNA BIOGRAFIA, opera fondamentale di Mark Kurlansky, il quale tra l’altro menziona la Via Salaria come la più antica strada italica, costruita dai Sabini e poi usata dai Romani.

Le prime testimonianze storiche delle saline di Trapani sono contenute nel “Libro per lo svago di chi ama percorrere le regioni”, opera dello storico arabo Edrisi e scritto per il re normanno Ruggero II nel 1154. Erano stati i Fenici nell’VIII sec. AC i primi a rendersi conto che questa zona della Sicilia, caratterizzata da forte irradiazione solare, frequente ventilazione, scarse piogge e da un mare ad alto grado di salinità, era ideale per ottenere la cristallizzazione del sale. Erano a quel tempo certamente saline molto più primitive di quelle attuali, forse simili a quelle ancora esistenti nell’isola di Gozo nel vicino arcipelago maltese, le cui vasche naturali sono riempite esclusivamente dalla forza del mare. E forse non è un caso che una delle 450 piante alofile ospitate in questo ambiente ostile alla vegetazione sia il cosiddetto “fungo di Malta” (cynomorium coccineum).

Natura in riserva: la flora tipica delle zone salmastre

Non lontano dalla Riserva, il Museo del Sale della salina Culcasi è ospitato in uno dei grandi mulini con pale di legno detti “a stella” o “olandesi”, per distinguerli da quelli con pale di metallo che sono più recenti, per antonomasia detti “americani”. Posto all’interno di un baglio, antica fattoria-fortezza del ‘600, conserva una grande vite di Archimede, il lungo cilindro di legno la cui spirale interna sollevava l’acqua della vasca più grande e vicina al mare, detta “fridda”, alle vasche di acqua “cruda”, e poi per gravità a tutte le altre. Un sistema molto complesso e sofisticato che in un’epoca preindustriale, in mancanza di elettricità, permetteva grande risparmio di tempo e fatica. Solo alla fine del ‘700 i mulini a vento furono utilizzati anche per la macinazione del sale oltre che per il tradizionale sollevamento delle acque marine.

I lavoratori stagionali della salina erano ospitati nel mulino per tutto il tempo del raccolto estivo. Completano l’esposizione del museo vari strumenti di lavoro: i vecchi “ruzzoli”, usati per compattare il fondo delle saline, le pale dei mulini (“ntinni”), i listelli di legno (“tagghia”) per misurare il sale, i sacchi di iuta, il carro-botte che attaccato al mulo faceva la spola tra una vasca e l’altra per dissetare i salinari, la pesante macina che consentiva di raffinare il sale, le reti e le nasse, dal momento che nelle vasche delle saline si allevano tuttora pesci pregiati come le orate e le spigole. Sono presenti anche alcune “carteddi”, ceste di canna con cui venivano trasportati di corsa sulle spalle fino a 30 Kg. di sale. I lavoratori andavano più in fretta possibile, dato che ogni gruppo di 20 (“venna”) era pagato a cottimo, e cercavano di alleviare la fatica con cantilene che servivano anche a calcolare la quantità del sale. Arnesi di lavoro oggi in disuso e che ora costituiscono un relitto di archeologia industriale. Il sale rappresentò per lungo tempo una grande risorsa economica per la zona di Trapani, specialmente dopo il 1840, quando fu abolito definitivamente in Sicilia il dazio sul sale e i mezzadri, liberatisi del pesante fardello, cominciarono a investire sulle saline, e a sostituirsi agli antichi proprietari nella conduzione dell’azienda salifera.

I pannelli di ricostruzione per fasi del ciclo lavorativo e la documentazione scientifica del Museo furono opera delle Facoltà di Lettere e Architettura dell’Università di Palermo circa 30 anni fa e il museo fu inaugurato sotto gli auspici dell’Azienda Provinciale del Turismo di Trapani e del suo instancabile direttore Antonio Allegra.

Per informazioni sulla riapertura del museo si possono contattare i proprietari per telefono 320/6635818 320/6575455 o email museodelsale@virgilio.it http://www.museodelsale.it

Nell’attesa della riapertura, e in ottemperanza alle leggi vigenti, dato lo scarso traffico veicolare, si possono fare lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta lungo la Via del Sale, che unisce le 27 saline attive, godendo di panorami che sono unici in Sicilia. (ndr: l’articolo è stato realizzato nel periodo di restrizioni divuti al covid-19)

Per gentile concessione del Giornale di Sicilia, dove l’articolo è stato pubblicato il 3-5-21