LA SICILIA BRUCIA, MA NON CHIAMATELA EMERGENZA
DALL’ETNA AI NEBRODI, DALLE MADONIE A PANTELLERIA LE PRINCIPALI AREE
PROTETTE SICILIANE SONO SOTTO LA MORSA DEL FUOCO
MANCANO INVESTIMENTI SULLA PREVENZIONE E L’EFFICACIA
NEL CONTRASTO AGLI INCENDI E AGLI INCENDIARI
BASTA CON LE LACRIME DI COCCODRILLO
Cosa si è fatto concretamente per contrastare fenomeni che si
conoscono da decenni?
Cosa si sta facendo per contrastare il cambiamento climatico?
In queste ore in Sicilia si sta rivivendo un incubo oramai ricorrente. Ettari ed
ettari di natura preziosissima stanno andando in fumo insieme a colture
agricole e beni pubblici e privati con danni incalcolabili, mentre purtroppo già
si contano le prime vittime.
Si tratta certamente degli effetti del cambiamento climatico che ogni
anno si manifesta con maggiore forza distruttiva complici le temperature
altissime, venti caldi impetuosi, siccità estesa.
Proprio per queste ragioni, però, istituzioni ed enti preposti non possono dirsi
sorpresi e non si sarebbero dovuti far trovare impreparati.
Già lo scorso anno gli incendi in Sicilia avevano percorso 56.000
ettari con i danni e i costi diretti per gli interventi stimati di circa 22 milioni e
con problemi gestionali già allora evidenti, prima fra tutte quella della carenza
di personale dedicato. Cone recentemente segnalato anche da
Salvatore Cocina, Dirigente Generale della Protezione Civile della Sicilia,
si stima che servirebbero non meno di 300 vigili del fuoco in più e che gli
uomini della Forestale regionale siano sotto organico di circa 400 unità. In
questo contesto i volontari di protezione civile giocano un ruolo fondamentale,
ma non bastano. Logico dunque domandarsi se gli oltre 20.000 operai forestali
contrattualizzati annualmente dalla Regione siano correttamente impiegati o se
proprio a loro, con la dovuta formazione, potrebbe essere dato un ruolo più
specifico che per altro rafforzerebbe la loro richiesta di stabilizzazione.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di trasformare il costo degli operai forestali,
stimato dalla Corte dei Conti in oltre 60 milioni di euro l’anno, in un
investimento in termine di prevenzione antincendio e specifico supporto in
caso di necessità.
Si tratta di problemi che il Ministro della Protezione Civile Nello
Musumeci dovrebbe conoscere molto bene, non solo perché ex Presidente
della Regione Sicilia, ma perché nel suo mandato di Governatore si era anche
occupato della riorganizzazione del Dipartimento della Protezione Civile
Regionale che in Sicilia dipende proprio dalla Presidenza della Regione. Per
questo stupiscono ancor di più le carenze soprattutto di mezzi che si sono
evidenziate negli ultimi giorni e soprattutto nella giornata di ieri dove
incredibilmente ben 6 Canadair sono andati in avaria nel pomeriggio lasciando
l’Isola praticamente senza assistenza adeguata.
IL PARADOSSO SICILIA. La Sicilia deve uscire dal paradosso di essere tra
le ultime regioni italiane per copertura forestale (secondo l’inventario forestale
nazionale sono 381.647 gli ettari boscati della Regione) e allo stesso tempo,
nonostante abbia il più alto numero di persone dedicato alla gestione e alla
sorveglianza, nell’ultimo decennio è stata fra le prime regioni d’Italia per
le superfici coperte dal fuoco.
Le cause primarie di questa situazione sono principalmente due: il
cambiamento climatico e il persistere di una situazione di assoluta carenza
nella gestione delle superfici boschive e degli incendi, oltre alla sicura presenza
di criminali che troppo spesso agiscono nell’impunità. Gli incendi si
ripetono sempre con le stesse modalità: coincidenza assoluta degli
incendi con le condizioni meteo avverse, contemporaneità degli incendi in
località diverse, partenza del fuoco all’inizio delle ore serali, punti multipli degli
inneschi e scelta dei luoghi con “professionalità” da conoscitori.
La cura dei boschi esistenti e l’incremento delle superfici forestali e sane, ricche
e controllate sono un fattore essenziale per mitigare il cambiamento climatico
ormai in atto, ma anche per fornire quei servizi ecosistemici fondamentali per
migliorare la qualità della vita dei siciliani. L’isola versa invece in
condizioni di totale vulnerabilità delle superfici forestali, della
sostanziale assenza di investimenti sul fronte investigativo e coercitivo che
guardi ovviamente non solo alle attività criminali esercitate sul campo, ma
anche a sofisticati calcoli economici, politici e sociali che possono alimentare il
diabolico ciclo: investo, impianto il bosco e poi lo brucio, attiro altri
investimenti e così via, in più, durante il periodo dell’incendio spendo in modo
incontrollato.
Le richieste del WWF: nell’immediato, la creazione di un gruppo
investigativo permanente di interforze che, con azioni mirate di Intelligence e
di prevenzione, contrasti l’attività dei criminali incendiari, presidi quell’area
grigia di illegalità che si coagula intorno alle aree forestali, ne individui
componenti, interessi e dinamiche.
Di fatto continua ad esistere un sistema fatto di precarietà, di aspettative
legittime e non, di grovigli di interessi, di trascuratezza nella cura del personale
compreso il mancato rinnovamento. E normalmente queste situazioni
generano complicati fenomeni clientelari ed assistenziali, difficili anche da
dipanare. A farne le spese è la nostra ricchezza di biodiversità, la nostra flora e
la nostra fauna, la nostra salute, la nostra identità, il nostro futuro.
Roma, 26 luglio 2023