Il progetto per l’installazione del telescopio FLYeye nell’area protetta della Mufara ha trasformato il già delicato equilibrio tra progresso e conservazione in aperta contesa. Da un canto c’è l’esigenza di installare un telescopio innovativo che dovrebbe proteggere il mondo dagli asteroidi, dall’altro c’è la necessità, oggi sempre più forte, di tutelare un ambiente naturalistico protetto.
Sarebbe un vero peccato se non si cogliesse e si favorisse una grande occasione, una di quelle che, ogni due o tre secoli, chissà come, interessano un territorio. Un dono, un grande regalo che viene fatto alle Madonie e all’intera Regione Sicilia. Questo è l’appello che proviene dal Parco astronomico di Isnello.
Tante figure autorevoli hanno colto l’importanza di questo dono piovuto dal cielo. Anche noi vorremmo associarci, ma per farlo non bastano opinioni precostituite, c’è bisogno di chiarezza.
Un sito astronomico osservativo viene scelto per la trasparenza del cielo. In astronomia, con il termine seeing (dall’inglese to see = vedere) ci si riferisce a diversi fenomeni dovuti principalmente all’atmosfera terrestre che peggiorano l’immagine di oggetti astronomici. L’altitudine gioca un ruolo determinante per migliorare la trasparenza: i maggiori valori di seeing si ottengono da telescopi collocati in alta quota e nella fascia equatoriale. Sotto una certa altitudine, invece, la copertura nuvolosa inibisce l’osservazione.
Il monitoraggio di asteroidi e detriti spaziali, che potrebbero rappresentare un rischio per il nostro Pianeta, presuppone un controllo di elevata qualità e continuità. Il 90% delle rilevazioni di corpi di diametro > 140 mt è stato curato dalla NASA con 2 stazioni astronomiche:
• Catalina Sky Survery (CSS) sorge nel nord Tucson, Arizona, ad altitudine compresa tra 2607 e 2791 mt slm;
• Panoramic Survery and Rapid Resonse System (PSRSS) sorge nelle Haway a 3055 mt slm.
Ma quali sono le caratteristiche del sito della Mufara?
“La vetta di Monte Mufara (1865 m) è stata riconosciuta come il sito astronomico migliore d’Italia da uno studio condotto dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) nel 2019 (fonte Gal Hassin)”. Sicuramente è così, ma la scelta fatta negli anni ’70 della sede dove fare sorgere il grande Osservatorio del meridione d’Europa, basata su solide valutazioni scientifiche che prescindono dagli ambiti nazionali, ha preso in considerazione i siti di maggiore valenza astronomica dell’intero emisfero settentrionale.
Fu allora scelto un sito a quota 2400 mt, in pieno Atlantico, nell’isola di La Palma (Canarie), dove sorse nel 1985 l’Osservatorio del Roque de los Mucharos, il più importante Osservatorio dell’Emisfero nord.
Le statistiche di questo sito lo rendono uno dei migliori dell’emisfero settentrionale. Inoltre il particolare microclima dell’isola fa sì che l’Osservatorio sia praticamente esente da nubi, che si formano a bassa quota tra 1000 e 2000 metri, diversamente dalle Madonie dove, al di sopra di 1000 mt slm, si registrano elevate precipitazioni medie annue (1200-1500 mm) che riducono il numero di notti osservative.
L’Osservatorio del Roque de los Mucharos ospita, per fini scientifici e non certo campanilistici, alcuni tra i più importanti telescopi astronomici del mondo, quali la Torre solare svedese (SST), lo spagnolo Gran Telescopio Canarias (GranTeCan) da 10,4 metri di diametro, l’inglese William Herschel Telescope (diametro 4,2 metri) ed il Telescopio italiano Galileo (diametro 3,58 metri) il più importante strumento ottico della comunità astronomica italiana.
Perché oggi si ripropone la Mufara?
Una seconda perplessità del progetto riguarda le “particolari” dimensioni della stazione astronomica.
La gestione da remoto dei telescopi e la loro collocazione in altura presuppongono la realizzazione di stazioni astronomiche minimali. Così non è per il Flyeye della Mufara che prevede volumi edilizi che nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica astronomica: una superficie di 840 metri quadri, di cui 360 per il piazzale, un volume edilizio di 3.544 metri cubi, una altezza fuori terra di quasi 14 metri. Nonostante il Flyeye sia gestito da remoto, il progetto prevede parcheggio, sala riunioni e cucina. La soluzione di destinare alcuni servizi in immobili disponibili a valle è stata scartata. L’utilizzo massimale della stazione astronomica Flyeye renderà inoltre necessario realizzare una strada di collegamento con la sottostante SP54, con ulteriore grave impatto sull’area protetta.
Non vogliamo dilungarci sull’importanza naturalistica del sito della Mufara che, per una valutazione senza pregiudizi della sede da destinare a stazione astronomica, dovrebbe essere a tutti nota.
Vogliamo invece soffermarci sulla prepotente decisione di realizzare un progetto che presenta vistose lacune a danno di un’area a protezione integrale, in un parco naturalistico meritevole di ben altre attenzioni.
Dovremmo avere tutti a cuore la valorizzazione, la crescita e la tutela del nostro territorio, sotto qualsiasi punto di vista, compreso quello scientifico, anche con i giusti compromessi. Purtroppo per la Mufara non è stato così.
La nostra preoccupazione è che “questo dono, arrivato chissà come,” sia solo il preludio dell’ennesima inutile cattedrale nel deserto, con l’aggravante del danno ambientale.
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