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RIFIUTI: DOCUMENTO DI POSIZIONAMENTO DAL WWF SUI RIFIUTI

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La posizione ufficiale del WWF Italia sulla gestione dei rifiuti urbani. Il WWF ha scelto la strategia RIFIUTI ZERO. Ottobre 2006


 

Scarica il doc:  WWF-Posiz. Uff. Rifiuti ott.06


 

 

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Premessa

La grande quantità di rifiuti prodotti in Italia (circa 130 milioni di tonnellate all’anno (1), a cui vanno aggiunti quelli che sfuggono ad ogni controllo) rappresenta il segno tangibile di un sistema orientato verso una sempre maggiore dilatazione dei consumi, senza alcuna considerazione delle sue ricadute ambientali.

La nozione assunta dallo stesso legislatore riguardo al rifiuto (l’atto del disfarsi) esprime l’esasperazione, in tutta la sua negatività, del processo dei consumi. L’etimologia stessa del termine rifiuto – ossia atto di diniego e di disconoscimento – esprime in maniera esplicita la volontà di rigettare qualcosa. In altri termini il modello di sviluppo finora assunto, fa si che oggi solo in Italia noi “disconosciamo” ogni anno l’esistenza di almeno 130 milioni di tonnellate di materia, la cui sostituzione comporta un nuovo prelievo di risorse presenti nei sistemi naturali.

Tale errato approccio culturale è responsabile del continuo aumento della produzione dei rifiuti sia in quantità assolute che per abitante. In Italia, infatti, le statistiche degli ultimi 5 anni ci dicono che la produzione dei rifiuti urbani è cresciuta di quasi 2 milioni di tonnellate e pro capite di oltre 30 kg.
Maggiore risulta la crescita dei rifiuti speciali – aumentata di quasi il 100% negli ultimi sette anni – e per quanto riguarda quelli classificati pericolosi la crescita è stata di oltre il 30% negli ultimi cinque anni. Tutto questo a fronte di una crescita demografica pari a zero.

È di tutta evidenza l’insostenibilità ambientale di questo sistema, a fronte del quale occorre apportare radicali modifiche nei processi di consumo delle risorse e realizzare un virtuoso recupero dei materiali post-consumo. Si ritiene al riguardo necessario stimolare l’innovazione tecnologica per ottenere il cosiddetto fattore 10 (2). Occorre, infatti, garantire uno sviluppo, che assicuri il rispetto delle leggi naturali di conservazione dell’ambiente.

Oltre a questo prelievo, che ha ormai intaccato la capacità di auto-riproduzione delle risorse naturali – l’Italia, secondo i dati del 2003, ha un’impronta ecologica di 4,2 ettari globali pro capite, una disponibilità di biocapacità di 1,0 ettari pro capite e quindi un deficit ecologico di 3,2 ettari pro capite (3) – si deve anche tener conto del peso sull’ambiente dello smaltimento. I sistemi di
smaltimento, infatti, generano rilasci nocivi, contaminando le diverse matrici ambientali (aria, acqua, suolo) essenziali alla sopravvivenza degli ecosistemi.

Il legislatore comunitario ha introdotto una normativa, con la quale si intende stimolare un processo virtuoso, innanzitutto, volto alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti e, secondariamente, al recupero degli stessi, mediante riciclo, reimpiego o reintroduzione nei circuiti produttivi.

L’associazione condivide pienamente l’indirizzo assunto dal legislatore comunitario, in quanto l’accezione positiva del recupero consente di poter internalizzare i costi di produzione dei beni e visualizzare i veri costi del consumo.

La complessa gestione del rifiuto deve essere svolta nel rispetto di diversi principi comunitari: principio di integrazione tra le politiche di tutela dell’ambiente e gli altri settori, di precauzione, di prevenzione, di “chi inquina paga”, nonché dei principi di responsabilità individuale, di responsabilità condivisa, di prossimità e di “governance”. I costi di smaltimento devono essere interamente coperti da colui che crea il rifiuto e l’addebito degli stessi deve emergere in maniera chiara e trasparente, sia nella catena di produzione che nelle tariffe pubbliche.

Nonostante l’alta valenza delle enunciazioni comunitarie, dobbiamo registrare nel nostro Paese una scarsa crescita della raccolta differenziata e, conseguentemente, delle attività di recupero. L’unico settore dove è stato registrato un incremento significativo è quello del recupero degli imballaggi, che già da anni per alcune frazioni ha superato il 50% (4).

Devono, pertanto, essere sostenute e incentivate tutte le azioni utili per il conseguimento degli obiettivi posti dalle direttive comunitarie, nel rispetto della gerarchia delle modalità di gestione dalle stesse indicata, che tendono alla realizzazione di un sistema produttivo senza rifiuti.

Secondo questa normativa un bene diviene rifiuto non appena abbia cessato il suo primario ciclo di consumo. Pertanto, quando il singolo consumatore cessa di ritenerlo utile ad una qualsiasi funzione o è obbligato in tal senso, quel bene diviene immediatamente un rifiuto, anche se può essere riciclato o recuperato. Al fine di garantire la corretta gestione dei rifiuti e di prevenire forme di smaltimento pregiudizievoli per l’ambiente, si deve attribuire alla definizione di rifiuto offerta dal legislatore comunitario l’interpretazione maggiormente inclusiva.

Al riguardo il WWF Italia ha dovuto promuovere di fronte alla Unione Europea diverse procedure di infrazione a causa della disattesa applicazione delle direttive da parte del nostro Paese, in particolare della definizione di rifiuto.

Restando valido l’assunto che “il miglior rifiuto è quello non prodotto”, si ritiene opportuno effettuare un salto culturale nella definizione di rifiuto, limitandola al concetto della non ulteriore riutilizzabilità dei materiali; verrebbe così ad essere destinato allo smaltimento solo ciò che, per le sue caratteristiche fisiche e chimiche, o per la sua ridotta quantità, non è più interamente ed immediatamente utilizzabile in attività umane o cicli naturali. In sintesi il rifiuto da smaltire costituisce l’espressione di una cattiva progettazione industriale e/o di un’errata modalità di consumo. A tale scopo deve essere promosso e attuato uno sforzo, anche da parte delle amministrazioni pubbliche, per indirizzare le scelte produttive verso un modello economico basato sulla valorizzazione delle risorse, sulla smaterializzazione dei consumi e sulla sostenibilità
ambientale.

Il WWF Italia riconosce il raggiungimento dell’obiettivo “rifiuti zero” quale fattore di sostenibilità ambientale.

Tale obiettivo si articola nel modo seguente.

1. La priorità deve essere riconosciuta alla diminuzione della pericolosità e della quantità dei rifiuti.

Il processo di riduzione della produzione dei rifiuti non può essere perseguito tramite l’introduzione di nuove definizioni dello stesso, tese a escludere dalla classificazione tutti i beni che vengono portati al riciclo, recupero o allo smaltimento. Occorre, dunque, rispettare la definizione assunta dal legislatore comunitario.

Si deve invertire la tendenza della crescita della produzione di rifiuti. Le linee di aumento registrate negli ultimi anni, infatti, dimostrano che questa costituisce una vera e propria emergenza.

Tuttavia, l’esperienza di questi anni ha mostrato come questo obiettivo non riesca ad essere perseguito intervenendo solo a valle dei processi produttivi.

Le azioni da intraprendere devono essere, dunque, eseguite prima della fase del consumo, agendo sulla composizione dei prodotti, affinché siano escluse le sostanze non recuperabili o pericolose per l’ambiente e per la salute coinvolgendo in un’azione a spirale virtuosa le istituzioni, i cittadini, le industrie e la distribuzione.

I principi ispiratori del regolamento Reach (5), implementati e allargati anche ad altri settori, contribuiscono alla conversione del comparto produttivo verso una riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti.

Si ritengono, altresì, strategiche tutte le azioni mirate al cambiamento dello stile di vita sia attraverso l’incentivazione della domanda di beni di consumo più rispettosi dell’ambiente che attraverso l’aumento dell’efficienza energetica; tali azioni potranno essere perseguite tramite l’informazione e la formazione rivolta al cittadino, alle amministrazioni e alle società.

Un mercato pienamente consapevole delle ricadute delle proprie scelte consente di poter perseguire gli obiettivi indicati. Il consumatore deve essere in grado di comprendere il peso economico e ambientale del suo comportamento.

Deve essere, quindi, promossa l’etichettatura indicante la quota di produzione dei rifiuti per singolo prodotto acquistato, la quota di rifiuti pericolosi e non pericolosi e la quota di beni non destinati al consumo presenti nella singola confezione.

Deve essere introdotta una tariffa che incentivi le operazioni di recupero e riduzione della produzione dei rifiuti.

La riduzione dei rifiuti potrà essere ottenuta solo a condizione che non venga creato un sistema di smaltimento e un mercato del recupero e del riciclo dei rifiuti vincolanti. Se, infatti, verrà realizzata un’infrastrutturazione impiantistica sovradimensionata o rigida, questa costituirà inevitabilmente uno stimolo alla produzione dei rifiuti. Si dovrà, dunque, assicurare un sistema e un mercato con una sufficiente elasticità e capacità di adattamento, in tempi relativamente brevi, alla diminuzione dei rifiuti e/o all’aumento del riciclo e del recupero di materia.

Tra le azioni necessarie per conseguire gli obiettivi di riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti meritano di essere promosse: l’introduzione dei cosiddetti “acquisti verdi”; la creazione di specifiche figure professionali all’interno delle amministrazioni pubbliche e delle aziende, incaricate esclusivamente alla gestione dei rifiuti, affidandole obiettivi di diminuzione dei rifiuti e di recupero di materia dagli stessi; la promozione delle certificazioni di qualità gestionali come ISO 9000 ed ambientali come ISO 14000 (6) ed EMAS (7) o di prodotto come Ecolabel (8) ; la realizzazione di Sistemi Informativi Territoriali applicati alla gestione dei rifiuti; l’implementazione dei procedimenti relativi all’Autorizzazione Ambientale Integrata (9).

Anche l’introduzione della distribuzione di prodotti sfusi e la reintroduzione del vuoto a rendere per alcuni prodotti tradizionali e l’estensione di tale pratica ad altri beni rappresentano misure atte a ridurre la produzione dei rifiuti.

Deve, inoltre, essere sostenuta e incentivata la produzione di beni di alta durata, anche attraverso certificazioni specifiche. Sostegno deve, infine, essere offerto per tutte le azioni che promuovono la fornitura di servizi in alternativa al consumo di un bene.

Deve, infine, essere sostenuta e incentivata la ricerca e la sperimentazione di nuove tecnologie, a basso impatto ambientale, tese alla diminuzione dei rifiuti e della loro pericolosità, nonché la trasformazione in tal senso delle attività produttive.

2. Recupero e riciclo dei rifiuti.

Accanto alla riduzione, deve essere promosso il recupero dei rifiuti. L’avvio di un mercato legato al recupero dei rifiuti non deve essere tuttavia da ostacolo alla riduzione della produzione degli stessi, deve tendere alla riduzione degli scarti dall’attività di recupero, nonché non deve avere ripercussioni sull’ambiente e sulla salute pubblica. Pertanto, dovranno essere privilegiate le soluzioni tecniche e gestionali che portino ad un riutilizzo della materia e che non incentivino la produzione dei rifiuti. In particolare la potenzialità degli impianti di recupero non deve costituire un vincolo tale da contrastare i processi di riduzione dei rifiuti e la riduzione degli impianti stessi.

Il ricorso al recupero energetico potrà avvenire solo a condizione che venga assicurato il perseguimento dell’obiettivo rifiuti zero e nel rispetto del documento di posizionamento relativo alle politiche energetiche.

Devono essere vietate incentivazioni economiche per il recupero energetico derivante da rifiuti, ad esclusione delle biomasse, nel rispetto della definizione assunta in sede comunitaria. Eventuali sistemi e meccanismi di incentivazione dovranno essere determinati in modo tale da assicurare il rispetto della gerarchia indicata dal legislatore comunitario. Quindi dovranno essere privilegiate le azioni che comportino la riduzione dei rifiuti e quelle che assicurino il riciclo o il recupero di materia dagli stessi, anche tramite l’assegnazione di certificati bianchi per il risparmio energetico che ne deriva..

Per il perseguimento degli obiettivi di recupero, deve essere sviluppata al massimo la raccolta differenziata e deve essere sostenuta la raccolta domiciliare a più frazioni (a partire dal secco/umido), con l’eliminazione dei cassonetti e delle campane stradali e applicazione della tariffa puntuale. Si è potuto, infatti, osservare che questo modello comporta la raccolta di materia di migliore qualità e di più facile recuperabilità, nonché significativi vantaggi economici rispetto alle altre alternative di raccolta e di recupero; inoltre, consente il rispetto dei principi comunitari e, nell’ottica del miglioramento continuo, il perseguimento dell’obiettivo rifiuti zero(10). La raccolta domiciliare, inoltre, mette in relazione diretta il consumatore con i risultati delle sue scelte economiche, portandolo a maturare comportamenti più ambientalmente responsabili.

Parallelamente allo sviluppo della raccolta differenziata deve essere promossa e sostenuta un’economia basata sull’utilizzo dei materiali recuperati al fine della chiusura del ciclo dei rifiuti.

3. Azzerare lo smaltimento.

L’obiettivo rifiuti zero corrisponde, innanzitutto, alla cessazione dello smaltimento dei rifiuti, ossia all’abbandono definitivo degli stessi. Ciò significa che dovrà essere disincentivato il ricorso alla discarica, all’incenerimento o ad altre tecnologie di combustione come la gassificazione, fino a giungere all’azzeramento della pratica dello smaltimento.

Il WWF Italia auspica che entro il 2020 venga raggiunto l’obiettivo rifiuti-zero perlomeno riguardo ai rifiuti solidi urbani e a quelli a loro assimilati. Allo scopo di raggiungere tale obiettivo dovranno essere definite misure e assunte azioni, che si orientino al modello riportato nello schema allegato al presente documento.

Nella fase transitoria, ai fini dell’individuazione di eventuali impianti di smaltimento si dovrà tener conto innanzitutto della loro indispensabilità in riferimento al caso concreto.

A tal proposito, si tenga presente che una simile valutazione è imposta dallo stesso legislatore.
Infatti, gli impianti di smaltimento dei rifiuti risultano pericolosi per l’ambiente e per la salute pubblica, tanto che prima di procedere alla loro realizzazione viene imposta la valutazione d’impatto ambientale, che come è noto richiede la preventiva analisi e stima di tutte le alternative possibili – fra cui l’opzione zero – che abbiano ripercussioni inferiori.

Data l’alta pericolosità degli impianti di smaltimento, si ritiene indispensabile che già in sede di Valutazione Ambientale Strategica sulle pianificazioni e le programmazioni aventi per oggetto la gestione dei rifiuti vengano assunti parametri secondo cui vengano preferiti gli impianti per i quali non vige la presunzione di pericolosità e di impatto sull’ambiente.

Laddove questo esame faccia propendere per l’inevitabilità della realizzazione di un impianto di smaltimento, l’accettazione del medesimo può avvenire solo se:
– venga assicurata la sua dismissione entro la data del 2020;
– l’ammortamento dei costi avvenga, comunque, prima della stessa data; – venga pianificata una progressiva riduzione della quota di conferimento dei rifiuti agli impianti di smaltimento;
– venga programmato un periodico aggiornamento dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto – comunque non superiore a 5 anni -, al fine di verificare e di poter stabilire la progressiva riduzione della suddetta quota di conferimento;
– i proventi derivanti dai contributi ambientali da versare al comune e alla provincia territorialmente interessati siano destinati a finanziare impianti o attività di recupero di materia dai rifiuti.

Per il conseguimento di detto obiettivo, dovranno altresì essere eliminate tutte le forme dirette o indirette di incentivo o di sussidio a favore degli impianti di smaltimento o dell’esercizio dei medesimi.

Dovranno, pertanto, essere impostate politiche fiscali tese a scoraggiare il ricorso a detti impianti o pratiche ed avvantaggiare la riduzione della produzione dei rifiuti o del recupero dei medesimi.

SCHEMA DI TRANSIZIONE VERSO RIFIUTI ZERO

Guidati sempre dagli obiettivi strategici misurabili delle 5 “R” (Riduzione, Riuso, Riparazione, Riciclo, Ricerca)

1 – PREREQUISITO: RD IN MIGLIORAMENTO CONTINUO

– Raccolta domiciliare spinta
– Tariffa puntuale
– Sistema informativo territoriale (SIT)
– Sistema qualità rifiuti (SQR)
– Estensione sistema omogeneo all’ATO (ambito territoriale ottimale)

2 – FASE DI TRANSIZIONE: RIDUZIONE

– Azioni di analisi merceologica frazioni residue
– Analisi merceologica imballaggi
– Incentivazione ed azioni per le azioni di riduzione
delle frazioni residue e degli imballaggi

2 -FASE DI TRANSIZIONE: SMALTIMENTO

– Smaltimento residuo in discarica attraverso – Azioni di analisi merceologica frazioni residue trattamenti meccanico biologici (TMB) – Analisi merceologica imballaggi
– Incentivazione ed azioni per le azioni di riduzione delle frazioni residue e degli imballaggi

3 – FASE DI MANTENIMENTO “ZERO RIFIUTI”

– Utilizzo del sistema di qualità rifiuti (SQR) per controllare e migliorare e controllare i processi e gli obiettivi quali-quantitativi.
– Utilizzo del sistema informativo territoriale (SIT) per affinare la qualità dei dati di raccolta ed ecosportello.

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Note:
1) Fonte “Rapporto Rifiuti – 2005” a cura dell’APAT e dell’ONR.

2) E’ la possibilità di ridurre, nell’arco della prossima generazione, di un fattore 10 (quindi di quasi il 90%) , con innovazioni tecnologiche di processo e di prodotto, l’input di materie prime ed energia nel processo economico. Questa possibilità è stata già prevista da numerosi studi internazionali avviati in particolare da Friederich Schmidt-Bleek che è stato vicepresidente del prestigioso Wuppertal Institute per il Clima, l’Energia e l’Ambiente ed ha successivamente fondato il Factor 10 Institute ed è stata resa nota anche al grande pubblico dal rapporto al Club di Roma “Fattore 4” scritto da Ernst Von Weizsacher, Amory ed Hunter Lovins (edito in italiano da Edizioni Ambiente nel 1996), L’apposito Istituto citato (l’Istituto Fattore 10) riunisce autorevoli esperti internazionali in materia e promuove la diffusione e l’applicazione di questo obiettivo, presente ormai in molti documenti ufficiali di singoli governi e delle Nazioni Unite. Una riduzione di un fattore 4 (del 75 %), come dimostrato dal rapporto al Club di Roma, è già possibile con le attuali tecnologie.

3) WWF 2006 – Living Planet Report 2006 WWF International.

4) Fonte “Rapporto Rifiuti – 2005” a cura dell’APAT e dell’ONR.

5) In particolare il principio di sostituzione, che il regolamento reach intende applicare ai prodotti contenenti composti chimici pericolosi per la salute e per l’ambiente favorendo la ricerca e il sostegno di prodotti o produzioni non pericolosi, si ritiene debba essere esteso ai prodotti non recuperabili e promossa la ricerca di nuove modalità di produzione, di prodotti o sistemi di consumo più ambientalmente sostenibili.

6) Le certificazioni ISO devono rispondere a protocolli di qualità elaborati da un’organizzazione privata (International Organization for Standardization). L’ISO 9000 attiene alla qualità di un sistema di gestione di un’azienda, mentre ISO 14000 attiene alla certificazione relativa alla gestione ambientale.

7) Disciplinata dal regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit, rappresenta la versione pubblica della certificazione ISO 14000.

8) Disciplinata dal regolamento (CE) n. 1980/2000 del parlamento europeo e del consiglio del 17 luglio 2000 relativo al sistema comunitario di assegnazione di un marchio di qualità ecologica, questa certificazione attiene alla qualità ambientale del prodotto.

9) Disciplinata dalla direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento.

10) I vantaggi della raccolta domiciliare vengono apprezzati anche dall’APAT e ONR (Rapporto Rifiuti 2005, pag. 44).

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